Guardai l’ora: le due di notte. Decisi di andare a letto,
salvai su una chiavetta tutti i dati che avevo raccolto e spensi il portatile.
Mi appoggiai allo schienale della sedia e mi stiracchiai. La mattina seguente
sarei potuto tornare alla mia amata routine. Ogni giorno uguale al precedente,
con solo qualche piccola variazione di tanto in tanto. La mia vita ruotava
intorno alla quotidianità e agli elenchi. Erano attaccati al muro, ripiegati
nei libri, salvati sul portatile; elenchi di cose da fare, posti da vedere
prima di morire, e, naturalmente, schemi o mezzi schemi di possibili libri.
Qualche volta mi capitava addirittura di trovarne uno e non ricordare più a
cosa si riferisse. Avevo anche un mucchio di liste di possibili viaggi; non ero
un viaggiatore, ma mi sarebbe piaciuto diventarlo. E in più li conservavo tutti
perché non si può mai sapere. Mi si potrebbe definire un maniaco degli elenchi,
in un certo senso.
La mia routine quotidiana era impressa a lettere di fuoco
nel mio cervello:
sveglia (importante)
stretching
controllo di mail e messaggi
colazione
telegiornale del mattino (ma non troppo per non rovinarsi
la giornata)
palestra (ogni giorno della settimana aveva la sua lista
di esercizi)
scrittura fino a…
pranzo
navigazione in Internet, generalmente porno
cardio-fitness
scrittura
un po’ di TV
cena
scrittura
caffè
chat online
preparazione per la notte
sega.
Queste erano le mie giornate: tranquille e definite,
delle gran boccate d’aria. Curtis naturalmente saltava fuori di tanto in tanto,
ma riuscivo a inserirlo nella routine. Ecco perché lui era perfetto per me: si
amalgamava bene con la mia vita. L’ho già detto che si amalgamava?
Tuttavia qualche volta, e più spesso in quel particolare
momento della mia vita, sdraiato, di notte, da solo sul letto (Curtis raramente
dormiva da me) mi chiedevo in che modo la mia vita sarebbe stata diversa se
avessi avuto accanto persone diverse in un posto diverso. Magari accanto a
Brock Kimble nel suo vestito perfetto, e magari in un luogo dove non ero mai
stato. Ero caduto vittima di un cliché.
Ognuno di noi ha visto almeno uno di quei film –
generalmente una commedia rosa ambientata in un liceo o un college – in cui,
quando un personaggio particolarmente affascinante appare sulla scena, le luci
si abbassano, la musica diventa sdolcinata e, a seconda del livello della
sceneggiatura, agli altri personaggi si forma un filo di bava all’angolo della
bocca. Il personaggio in questione fa il suo ingresso in mensa o in biblioteca,
la musica parte e tutti i presenti, ma in modo particolare il protagonista,
rimangono senza parole – anzi, lobotomizzati - di fronte alla sua evidente sensualità
e alla sua natura ultraterrena. La vita, siamo indotti a pensare, non era nulla
prima di tale divino evento.
Tuttavia, noi poveri spettatori siamo, almeno all’inizio,
tenuti all’oscuro delle complicazioni che l’avvento di una tale bellezza
porterà con sé.
E delle complicazioni devono esserci, altrimenti non ci
sarebbe storia. Né vita. Né botteghino. Quali rocambolesche e incredibili
avventure dovrà superare il nostro eroe per conquistare il ragazzo o la ragazza
dei suoi sogni? E ne sarà valsa la pena? Ecco la domanda chiave: ne vale la
pena? Perché, se la risposta è ancora sì dopo tutte le scene imbarazzanti, le
battutacce sulle scoregge e le freddure, se alla fine siamo veramente
affezionati a questi personaggi innaturali e stereotipati, allora arriviamo a perdonare
qualsiasi incongruenza possa esserci nella storia. Ognuno di noi in fondo sta
solo cercando di trascorrere qualche momento di tranquillità; nessuno si
aspetta che una commedia rosa cambi la sua vita.
Logan Brandish. Ecco il mio vero nome. Con un nome del
genere ero indubbiamente destinato a diventare uno scrittore, e sono anche
abbastanza conosciuto. Sono persino stato capace di ricavare un discreto
gruzzolo da quella che, a suo tempo, era sembrata una discutibile scelta
professionale. Nonostante le mie vendite siano calate, ho comunque abbastanza
successo da farmi offrire pranzi nei locali di grido dal mio editore, la
Hillside Books. Specialmente quando vogliono che incontri un nuovo editor.
Bene, adesso che abbiamo finito con le presentazioni, ecco
la mia storia.
Solo una bozza, Eric Arvin
Traduzione: Claudia Milani
Dreamspinner Press
Pagine: 190
Cover artist: Anne Cain
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