Non mi sono scordata del nostro appuntamento con la rubrica, stavo solo preparando un po’ di ricerche per tornare con nuovi argomenti da proporre!
Oggi mi permetto di parlarvi del mio periodo preferito, la Rivoluzione Francese.
La Rivoluzione Francese, che riformò moltissimi aspetti del diritto e del costume sociale, non fu insensibile neppure alla questione dell’omosessualità (soprattutto maschile). Il decennio precedente aveva visto una fioritura di pamphlets contro la corte e contro Marie-Antoinette; una delle accuse più comuni rivolte contro la regina era quella di intrattenere rapporti lesbici con la Contessa di Polignac e altre dame della corte, a riprova della sua dissolutezza.
Nonostante la questione del reato di sodomia avesse ricevuto poca attenzione nei cahiers de doléances precedenti la riunione degli Stati Generali, la sua abolizione rientrò nello spirito della Dichiarazione dei diritti dell’Uomo e del Cittadino (20 agosto 1789).
Nel 1790 Jean Paul Marat prese una posizione chiara nel suo Plan de législation criminale, sostenendo che, nonostante l’omosessualità maschile fosse una vergona, essa è tuttavia un fatto privato e qualora vi fosse necessità di punirla perché causa di scandalo pubblico, i colpevoli dovrebbero essere messi in case di cura, piuttosto che in prigione.
Nella mentalità comune l’omosessualità maschile continuava ad essere percepita come un difetto, prova di una mancata mascolinità ed era usata quindi per irridere gli avversari politici (come nel pamphlet Les Enfants de Sodoma à l’Assemblé Nationale). Di attacchi di questo genere fu vittima Villette, giornalista del Chronique de Paris, spesso attaccato dal partito conservatore per il suo orientamento sessuale. Gli attacchi omofobici nei suoi confronti furono talmente forti da provocare la risposta di un amico di Villette, Anacharsis Cloot. Questi scrisse un lungo saggio la cui tesi centrale era che la legislazione deve punire solo il vizio (quindi ciò che non è dannoso per la patria), esaltare la virtù (ciò che è utile alla patria) e ignorare ciò che è neutro. L’omosessualità non è dannosa per la patria, quindi non deve essere punita; a sostegno di questa tesi portava l’esempio dei Greci e dei Romani (“Se Achille amò Patroclo, se Oreste amò Pilade, se Aristogitone amò Armodio, se Socrate amò Alcibiade, furono forse meno utili alla loro patria?”).
La sodomia fu finalmente depenalizzata pochi mesi dopo, quando il nuovo Codice Penale fu approvato (1791); la depenalizzazione passò poi nel codice napoleonico del 1810, influenzando gran parte dei paesi che furono sotto l’influsso napoleonico. Questo iniziò un fenomeno di vero e proprio turismo sessuale dai paesi protestanti (dove l’omosessualità era ancora proibita) verso quei paesi dove i rapporti omosessuali tra adulti consenzienti non erano più proibiti.
Dal punto di vista della vita quotidiana, Paris aveva i suoi luoghi di ritrovo omosessuali e una comunità attiva, che godette della depenalizzazione; allo stesso tempo però era qualcosa da vivere nel privato e veniva ancora usata come arma politica per sminuire la figura dell’avversario. È il caso per esempio dei pettegolezzi su Camille Desmoulins (velatamente accusato di aver fatto da `gigolò’ presso l’avvocato per il quale lavorava durante la rivoluzione) ed è probabilmente il sottointeso dietro alle accuse di `essere un eunuco’ lanciate a Robespierre.
Questioni di reception e… di fandom.
La retorica della rivoluzione francese era molto concentrata sul genere e molto `maschilizzata’, tuttavia l’omosessualità non fu un tema così rilevante come si potrebbe pensare.
Diverso è l’approccio che molti scrittori moderni hanno e si può dire che l’omosessualità sia diventata uno dei temi tipici nelle opere ispirate alla Rivoluzione Francese.
È così che si è creata una leggenda intorno al rapporto tra Desmoulins e Robespierre: amanti in gioventù (erano compagni di scuola) o passione non ricambiata. Il tutto si complica in una sorta di triangolo di amore ed odio con l’arrivo di Saint-Just, il nuovo `compagno’ di Robespierre. Ne sono un esempio le allusioni in A place of greater Safety, ancora più esplicito il romanzo L’Archange e le procureur (dai soprannomi rispettivi di Saint-Just e Desmoulins).
La manipolazione più subdola è probabilmente nel film Danton di Wajda, dove il sotto-testo omosessuale non solo è molto evidente, ma è parte integrante dell’innaturalità che caratterizza Robespierre e Saint-Just (un approccio simile è stato ripreso in un allestimento teatrale di L’affaire Danton- dalla stessa opera teatrale da cui è tratto il film- dove il rapporto tra Desmoulins e Robespierre vira addirittura al burlesque). Questa lettura ha ormai preso talmente piede che anche opere non-letterarie, come un recente documentario della BBC intitolato Terror! Robespierre and the French Revolution, va in questa direzione. Il libro più assurdo che si muove su questi presupposti è però Antoine et Maximilien ou La Terreur sans la Vertu, dove la rilettura degli avvenimenti del 1794 dipende dalla passione irrefrenabile (e non ricambiata) di Robespierre per Saint-Just.
L’aspetto peggiore di queste interpretazioni è che l’omosessualità -repressa o meno- è sempre presentata in chiave negativa, come una devianza, una pulsione innaturale, se non sadica, e addirittura come uno dei motivi dietro al Terrore (!).
Chi cerchi una spiegazione storica a queste interpretazioni, è destinato però a rimanere con un pugno di mosche: `prove inoppugnabili' non ne esistono. Si tratta invece di un'interpretazione di alcuni documenti (poche lettere) nelle quali l'uso di certe espressioni (come `amare') è stato interpretato in senso moderno, di allusioni piuttosto oscure (nella sua difesa, Danton fa allusione alla passione di Saint-Just per i bagni turchi, nelle note di Robespierre contro i Dantonisti Robespierre fa accenno ad un `vizio privato' di Desmoulins. Soprattutto questa interpretazione viene usata per spiegare certe posizioni politiche che al lettore moderno risultano strane, per esempio il fatto che da un certo periodo in poi è praticamente impossibile distinguere tra le idee di Robespierre e quelle di Saint-Just e su chi influenzi l'altro, oppure il fatto che nel progetto di `nuova civiltà' di Saint-Just (i così detti Fragments des Institutions Républicaines) l'amicizia (tra uomini) abbia un valore non solo civico, ma quasi sacrale (gli amici sono dichiarati `amici' in una cerimonia ufficiale nel tempio, combattono fianco a fianco in battaglia e vengono sepolti nella stessa tomba) ed infine il fatto che l'ultimo discorso (mai pronunciato completamente) di Saint-Just sia un'appassionata difesa di Robespierre.
Al di là di tutto, questa interpretazione è diventata così diffusa che anche storici professionisti, si sentono in dovere di spiegare la questione, per esempio Vinot, autore di una delle migliori biografie di Saint-Just, si sente in dovere di dover reagire contro questa opinione.
Che dire? Quando i professionisti superano i fan-writer...